“Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?”, cioè “per quanto ancora Catilina abuserai della nostra pazienza?” Così tuonava Cicerone contro Catilina, reo di tramare contro la Repubblica Romana. E’ l’8 novembre del 63 a.C.; due giorni prima i catilinari riunitisi presso la casa di uno di loro avevano deciso di eliminare il console. Ma Cicerone, venuto a conoscenza della cosa ha giocato d’anticipo e ha fatto riunire d’urgenza il Senato straordinariamente presso il tempio di Giove Statore sul Palatino. Catilina si presenta dunque all'assemblea del Senato la stessa mattina in cui alcuni sicari da lui inviati avrebbero dovuto uccidere Cicerone.
E se l’attacco dell’orazione ciceroniana appare potente, è nulla rispetto a quanto segue: “Egredere aliquando ex Urbe, Catilina: patent portae; proficiscere. Educ tecum etiam omnes tuos; purga urbem” (“Catilina, esci una buona volta dalla città, le porte sono spalancate; vattene. E porta con te anche tutti i tuoi compari; ripulisci la città”). Per comprendere pienamente la forza e l’efficacia della prima Catilinaria bisogna tenere presente il contesto in cui questa orazione viene pronunciata: Catilina è solo, solo in tutti i sensi. Quando è entrato tutti i senatori si sono alzati, lasciandolo completamente isolato nel suo seggio.
E Cicerone lo incalza: “Quid est, Catilina? Animadverteris eorum silentium? Patiuntur, tacent. Sed cum patiuntur, decernunt; cum tacent, clamant” (“Che cosa c'è, Catilina? Vedi il silenzio dei senatori? Tollerano, tacciono. Ma mentre soffrono, decidono; quando fanno silenzio, urlano la loro protesta”).
Cicerone era uomo di legge, ancor oggi simbolo venerato da chi opera per la Giustizia. Quindi dovrebbe essere voce autorevole anche per il Ministro Alfonso Bonafede che prima di indossare i panni di Ministro di Grazia e Giustizia ha rivestito quelli di avvocato del Foro fiorentino, professione cui presumibilmente tornerà quando avrà concluso la sua parabola politica. E allora Ministro Bonafede, ascolti l’esortazione di Cicerone: semplicemente se ne vada.
Non sono bastate le singolari teorie giuridiche da Lei esposte nei salotti televisivi e che la massa (ahimé) non ha saputo capire. Non è bastato nemmeno che le sue tanto declamate riforme del sistema della Giustizia italiana siano riuscite soltanto a coagulare in un coro unanime le perplessità (per usare termini lievi) di pressoché tutte le componenti del mondo della Giustizia: la Corte Costituzionale, docenti universitari, Magistrati Togati, titolari di uffici giudiziari (tribunali e procure), ANM, avvocati civilisti e penalisti e (perchè no, mettiamoli pure anche loro anche se ultimi) i Magistrati Onorari.
Proprio sulla Magistratura Onoraria, Sig. Ministro, Lei è riuscito a compiere il suo capolavoro quando rispondendo all’interrogazione dell’On. Delmastro è riuscito a dichiarare testualmente: “L’opzione favorevole alla previsione degli onorari è legata altresì alla finalità di contenere il numero dei togati, pena la perdita di prestigio e la riduzione delle retribuzioni della magistratura professionale”.
Appare davvero incomprensibile Sig. Ministro, come non si sia reso conto che in un colpo solo è riuscito ad offendere la Magistratura tutta, tanto quella Togata, quanto quella Onoraria. E ciò che rende ancor più grave la cosa è che questa frase non le è scappata d’impeto (parlando “a braccio” può capitare di dire sciocchezze). Per confezionare questa “perla” lei ha avuto modo di approfondirne il significato visto che l’ha inserita in una risposta scritta partorita dopo adeguata riflessione. Che poi l’abbia pensata Lei o chi per Lei risponde poco importa. E’ infatti difficile dire cosa sia peggio. In ogni caso, Sig. Ministro si tratta di un’affermazione grave.
Se si tratta della seconda ipotesi allora veramente è da sottoscrivere l’invocazione ciceroniana “Educ tecum etiam omnes tuos; purga urbem”: Signor Ministro quando se ne andrà si porti via con sé la cerchia di collaboratori di cui si è attorniato perché, se sono gli autori di tale infelice risposta scritta, stanno facendo disastri alla Giustizia italiana. Se invece la frase rappresenta il suo pensiero, la situazione è diversa e, come detto, persino più grave.
La sua risposta scritta all’On. Delmastro, Sig. Ministro, condivide con l’orazione di Cicerone la struttura di un climax ascendente ove però alla forza dell’arte oratoria ciceroniana Lei ha sostituito una serie di affermazioni sconcertanti di cui quella citata è il culmine. L’Onorevole Delmastro l’ha richiamata al rispetto di quanto stabilito dalla sentenza del 16.07.2020- UX della Corte di Giustizia Europea nella causa 658/18 contro il Governo italiano. La sentenza europea ai sensi e per gli effetti delle Direttive dell’Unione riconosce ai magistrati onorari lo status di magistrati europei e lavoratori dipendenti. Si tratta di sentenza che è vincolante per l’Italia, eppure, l’Italia non la applica e continua a non riconoscere tale status esponendosi all’ormai imminente procedura di infrazione europea. Recentemente, la Commissione PETI del Parlamento Europeo ha nuovamente ascoltato le istanze dei magistrati onorari, concludendo così la Presidente Montserrat: “la Commissione decide di tenere aperte le petizioni, di inoltrare alla Commissione per le valutazioni… e inoltrare una lettera al Ministro della Giustizia italiano affinché spieghi come intende dare attuazione alla sentenza UX”. Il 24 novembre 2020 la Commissione europea ha aggiornato l’utenza in ordine agli sviluppi delle numerose denunce “relative all’eventuale incompatibilità in Italia delle condizioni di lavoro dei giudici onorari, compresi i vice procuratori onorari”, precisando che “la Corte ha confermato che i Giudici di Pace devono essere considerati lavoratori ai fini del diritto del lavoro dell’Unione. La Commissione sta analizzando la sentenza UX e la sua rilevanza per le altre categorie della magistratura onoraria nell’ordinamento giuridico italiano”.
Nonostante ciò il Governo omette persino di menzionare questa componente imprescindibile della magistratura, non intendendo nella maniera più assoluta applicare la sentenza della CGUE, né adeguarsi a quanto richiesto dalle istituzioni politiche sovranazionali che riconoscono ai Magistrati Onorari i pieni diritti giuslavoristi, funzionali a garantire l’indipendenza e l’autonomia nell’espletamento degli incarichi.
Nelle relazioni lette dai rappresentanti del Ministro da Lei inviati alla celebrazione dell’apertura dell’anno giudiziario negli ultimi anni non vi è stata una sola parola per la Magistratura Onoraria come se i Magistrati Onorari non esistessero, come si fa con la colf in nero la cui esistenza deve essere nascosta perchè imbarazzante. Come la colf o la badante in nero, infatti, i circa 5.000 Magistrati Onorari sono pagati a prestazione (udienza), senza alcun contributo previdenziale, senza la possibilità di ammalarsi ma soprattutto senza nemmeno il miraggio che la propria situazione possa essere regolarizzata, come per altro imposto dalla corte di Giustizia Europea. Perché questo è il ruolo che Lei Signor Ministro, come pure il Suo predecessore, avete ritagliato per i Magistrati Onorari: lavoratori a cottimo incaricati di fare il lavoro “sporco”, il lavoro faticoso, necessari per evitare il tracollo finale di un sistema che, per la sua inefficienza, costa ogni anno 40 miliardi di euro al Paese. Ma di loro non si deve nemmeno parlare come si fa con una situazione che è oggettivamente motivo di vergogna: la si elude, perché non darle nemmeno la dignità di un nome è il modo migliore – evidentemente è quello che Lei crede – perchè il problema sia risolto.
Così, secondo Lei, da un lato i Magistrati Onorari devono esistere perché altrimenti la produttività dei tribunali crollerebbe, ma dall'altro non se ne deve parlare cosicché le migliaia di provvedimenti che vengono emessi “in nome del Popolo Italiano” dai magistrati onorari possano svanire dalle cancellerie e dalle statistiche in cui vengono registrati indistintamente da quelli dei togati. Perché il sistema che fa riferimento a Lei, signor ministro, non solo ignora i diritti giuslavoristici della magistratura onoraria cristallizzati dall’Unione Europea, ma li deruba pure del lavoro prodotto. Nonostante oltre il 50% dei provvedimenti giudiziari (qualcuno azzarda un 60%) sia prodotto dai magistrati onorari, la quasi totalità dell’attività d’udienza delle Procure e il 100% dell’attività dei Giudici di Pace, questo lavoro nelle statistiche del Suo Ministero viene imputato alla Magistratura Togata che infatti ha degli indici di produttività tra i più alti al Mondo. Ma si tratta di una finzione contabile, Sig. Ministro.
Quando si legge dunque in una nota di via Arenula, in relazione alla protesta avviata dalla Magistratura Onoraria - soprattutto nelle sedi di Palermo e Milano dove è già stata messa in atto l’astensione dalle cause -, che “il ministro Alfonso Bonafede è perfettamente consapevole del fondamentale contributo fornito dalla magistratura onoraria: anche per questa ragione, fin dal suo insediamento, il Guardasigilli si è adoperato per superare la carenza di tutele che ha fino ad oggi caratterizzato l’esercizio della funzione, così da dare vita a una riforma che restituisse la giusta dignità e rilevanza ai tanti professionisti che con impegno e abnegazione concorrono quotidianamente al funzionamento del sistema giustizia” il dubbio è soltanto se Lei sta prendendo in giro i Magistrati onorari o se stesso, Signor Ministro perché in questo secondo caso o crede di essere Ministro di Grazia e Giustizia di un Paese che non è l’Italia – ci dica qual è che cercheremo di caldeggiare il Suo trasferimento – o ha seri problemi di lettura della realtà che la circonda e scarsa memoria delle sue stesse dichiarazioni. Più probabilmente sta prendendo in giro i Magistrati Onorari.
Se poi la dichiarazione non è in realtà Sua ma della Sua cerchia di collaboratori ancora una volta ricordiamo l’invocazione di Cicerone: “Educ tecum etiam omnes tuos; purga urbem”: Signor Ministro, quando esce, faccia il favore di portarseli via.
Ma tornando alla situazione attuale mi preme richiamarLa, Sig. Ministro a quanto è avvenuto (e sta avvenendo) durante la pandemia. Durante la fase di sospensione dell’attività giudiziaria per l’emergenza sanitaria, la Magistratura Onoraria italiana è rimasta negli uffici di competenza a garantire i servizi indifferibili e urgenti, le turnazioni di reperibilità e l’evasione del lavoro già preso in carico, senza tutele, priva di adeguata retribuzione, svolgendo compiti che l’odierno sistema di pagamento a cottimo, ancorato quasi esclusivamente allo svolgimento delle udienze, non riconosce come remunerabili.
Il contributo di solidarietà, 600 euro, previsto per tre mensilità ed alimentato dal capitolo di bilancio di stretta pertinenza, è stato, in moltissimi Uffici, negato per la fase successiva all’11 maggio o decurtato delle misere indennità percepite per i pochi giorni di attività prestata, quasi a punire il magistrato virtuoso, con risibili motivazioni. Il tutto nel caos più generale perché Lei, Sig. Ministro non ha dato indicazioni univoche su come avrebbero dovuto regolarsi le singole Sedi Giudiziarie in una sorta di 8 settembre della Giustizia Italiana.
Nelle fasi invece in cui sono stati chiamati a svolgere comunque il proprio lavoro d’udienza, pur in piena emergenza pandemica, i Magistrati Onorari, requirenti e giudicanti, hanno dovuto operare una disumana scelta di mettere a rischio la propria salute (se non la vita), - diritti egualmente fondamentali della persona, Lei mi insegna - recandosi a lavorare in situazioni assolutamente prive delle condizioni pur previste dalle circolari ministeriali per la vetustà e l’inidoneità delle strutture di molti Tribunali oltre che per la carenza di mezzi e disponibilità.
I Magistrati Onorari hanno condiviso tali condizioni con i Magistrati Togati che operano nelle medesime strutture, a loro accomunati nel rischio ma non nelle eventuali possibili conseguenze. Perché il Magistrato Onorario se si ammala, non ha previdenze. Se per caso muore lascia la famiglia priva di qualsiasi sostegno.
Nel rispondere all’On. Delmastro, Sig. Ministro ci si aspettava di leggere qualcosa che avesse la benchè minima attinenza con la parola “Giustizia” che campeggiava sulla carta intestata in cui la Sua risposta era vergata e che dovrebbe essere ciò di cui si occupa il Suo Ministero. Invece Lei Signor Ministro non ha dato una sola risposta alle domande che Le sono state poste su come intende applicare la sentenza europea. Semplicemente ha ribadito che non intende applicarla. Ora Sig. Ministro appare curioso che se un comune cittadino non ottempera ad una sentenza incorre – e giustamente – in conseguenze legali che possono essere anche di natura penale mentre un Ministro della Repubblica può tranquillamente mettere nero su bianco la sua intenzione di infischiarsene di un precetto contenuto in una sentenza vincolante per lo Stato Italiano. Ancora più singolare è che il Ministro in questione sia il Ministro di Grazia e Giustizia che pure avrebbe tra le sue prerogative non soltanto di occuparsi che le sentenze vengano emanate ma che le stesse siano anche fatte applicare.
Per argomentare la Sua indisponibilità ha fatto ricorso al solito minestrone di argomenti triti, di cui non solo si è dimostrata l’inconsistenza (basti pensare alla questione del concorso cui ancora Ella si avvinghia evidentemente non sapendo che sul sito del Suo Ministero anche l’ultimo bando di “arruolamento” dei Magistrati Onorari specificava che ciò avveniva per concorso pubblico per titoli) incurante altresì del fatto che gli stessi sono stati superati proprio del cambio di paradigma imposto dalla sentenza “UX”.
Nella Sua risposta, Sig. Ministro, per la prima volta non si alza il vessillo dell’invarianza finanziaria a giustificare l’ingiustificabile. E ciò perché anche questo argomento è venuto meno in quanto le risorse necessarie sono finanziariamente sostenibili. Nel DDL Bilancio 2021 per l’Italia, con focus sull’art. 184, erano stati messi a disposizione in appositi fondi stanziamenti per quasi 120 miliardi di euro, previsione inconciliabile con la clausola di invarianza finanziaria del disegno di legge pendente in Commissione Giustizia al Senato - ove il legislatore inquadra fittiziamente i 5000 magistrati italiani quali business owner, con finalità pacificamente elusive delle norme eurounitarie. La legge di bilancio ha poi previsto un’iniezione di 500 milioni di euro per il comparto Giustizia.
Ma vi è di più. Il 20 maggio 2020 la Commissione Europea ha indirizzato all’Italia la raccomandazione di migliorare l’efficienza del sistema giudiziario e l’efficacia della PA, condizioni imprescindibili ai fini della fruizione dei fondi da erogarsi nel programma di Recovery Fund, circostanza che rende ancora più urgente la riforma della Magistratura Onoraria in linea con le richieste della categoria. In altri termini, se non si mette mano ad una riforma seria del Sistema Giudiziario italiano, i tanto decantati miliardi di euro europei del Recovery Fund non arriveranno e questo dopo che la politica di spesa per il 2020 ed il Bilancio per il 2021 sono stati pensati già considerando tale eccezionale iniezione di liquidità. Quindi l’Unione Europea sta dando chiaramente all’Italia due indicazioni inequivoche:
- occorre rendere più efficiente la Giustizia Italiana;
- occorre sanare la situazione della Magistratura Onoraria.
Entrambe le indicazioni convergono su un risultato unico: l’efficientamento della Giustizia italiana passa anche (ma non solo) attraverso la regolarizzazione e l’utilizzo più razionale della Magistraura Onoraria. I Magistrati Onorari in servizio esercitano le funzioni giurisdizionali ormai da decenni e hanno acquisito un’esperienza che può da subito essere messa al servizio del Sistema Giudiziario italiano per poi magari essere perfezionata con interventi formativi che migliorino ulteriormente il livello di preparazione dei Magistrati Onorari.
La strada che l’Europa sta dunque tracciando, nonostante l’ostilità da parte del Governo italiano, giungerà a un’inevitabile conclusione: portare la rotta sulla linea della giustizia formale e sostanziale, della legalità per le figure professionali coinvolte, in ossequio ai dettami costituzionali.
Dopo tale suo incipit (quanto differente dall’arte oratoria di Cicerone) arriviamo alla “perla”: i giudici onorari servono “alla finalità di contenere il numero dei togati, pena la perdita di prestigio e la riduzione delle retribuzioni della Magistratura professionale”.
Le Sue parole da sole disegnano il ritratto della struttura che da decenni tiene migliaia di magistrati onorari in una situazione di sfruttamento meglio di qualsiasi cahier de doleance che avrebbe potuto essere partorito dalle associazioni rappresentative della categoria. Lei, Signor Ministro afferma che il Magistrato Onorario è immeritevole di tutele, che non è un lavoratore e che non esiste per l’Ordinamento, poiché servile non all’efficienza del sistema e al buon andamento della res publica, bensì appunto “alla finalità di contenere il numero dei togati, pena la perdita di prestigio e la riduzione delle retribuzioni della Magistratura professionale”. E’ una parola forte “sfruttamento”? Non sembra, leggendo la Sua risposta. Lo status di “ascari del sistema” dei Magistrati Onorari è certificato dalle sue parole.
Lei, Sig. Ministro ha offeso la Magistratura Onoraria tutta. Secondo il Suo pensiero i Magistrati Onorari devono esistere senza ricevere alcuna tutela lavorativa e previdenziale, in una condizione di stabile precariato, perché se al loro posto venissero immessi altrettanti Magistrati Ordinari tale categoria perderebbe prestigio e soprattutto i singoli giudici non riceverebbero il cospicuo trattamento economico attuale.
Ma al tempo stesso Lei ha offeso dunque anche la Magistratura Togata accreditandola come un ceto parassitario che camperebbe sulle spalle (e sul lavoro) della Magistratura Onoraria. Lei ha negato ai Magistrati Togati la professionalità che dimostrano con l'impegno quotidiano e il diritto di rivendicare il prestigio di cui gode la Magistratura per le capacità e i meriti propri. Lei ha detto che se possono godere di quel prestigio è solo grazie al lavoro sottopagato e senza tutele dei Magistrati Onorari. I Magistrati Onorari, Signor Ministro, che lavorano tutti i giorni affiancando i Magistrati Togati, ne conoscono l’impegno e non possono che sottolineare l’offesa che le Sue parole hanno recato anche alla Magistratura Togata. I Magistrati Onorari dal canto loro non hanno chiesto di attingere alle prerogative della Magistratura di ruolo, ma solo di essere trattati con la decenza che un ordinamento democratico fondato sul lavoro imporrebbe, nel rispetto della Carta costituzionale e dei suoi principi e delle sentenze della Corte di Giustizia Europea che Lei si ostina a negare.
Le sue parole vergognose hanno accomunato nello sdegno Magistrati Togati ed Onorari. E non è più solo la Magistratura Onoraria a contestare il Suo operato di Ministro ma anche la Magistratura Togata ha levato il suo grido di protesta. “Non è più tollerabile” la situazione della Magistratura Onoraria ed è “insostenibile per la sempiterna precarietà, per l’inadeguatezza dei compensi e per la mancanza di qualsiasi trattamento previdenziale e pensionistico”, ha commentato il coordinamento di Area contestando le Sue affermazioni, parole che “mirano ad alimentare l’idea di un insussistente conflitto e di contrapposizione di interessi corporativi tra le diverse professionalità impegnate nella giurisdizione”. Anche per le Toghe di ruolo dunque, “lo stato attuale della magistratura onoraria, alla quale si deve tributare, finalmente, un concreto riconoscimento da parte del Governo, trae la sua origine dal progressivo accrescimento del contenzioso mai accompagnato dai necessari ampliamenti di organico della magistratura professionale» e, dunque, a «decenni di riforme della giustizia a “costo zero””.
Non è dunque un caso nel momento in cui le Sue parole hanno costretto la Magistratura Onoraria a forme di protesta clamorose come lo sciopero della fame di diversi Magistrati Onorari o i flash mob organizzati davanti ai Tribunali di tutt’Italia per la prima volta si sono visti anche i Magistrati Togati e persino alcuni Presidenti di Tribunale accanto ai Magistrati Onorari. Al fronte di chi ritiene fallimentare la Sua esperienza ministeriale si unisce dunque compatta ora la Magistratura tutta, Togata ed Onoraria.
Perché un’altra cosa sembra esserle sfuggita, la differenza che anima le attuali agitazioni della Magistratura Onoraria dalle precedenti. La novità sta non solo nei toni (lo sciopero della fame, gesto estremo di protesta) e nei mezzi (la “non disponibilità” paventata per tutto il mese di dicembre). La novità sta nel fatto che questa volta le associazioni rappresentative inizialmente hanno avuto un ruolo quasi marginale nel dilagare spontaneo della protesta. E’ una rivolta a volte anche solo individuale contro le Sue parole oltraggiose Signor Ministro di quanti si sono sentiti offesi per l’opinione che Lei ha dei sacrifici compiuti quotidianamente per non far naufragare il barcone della Giustizia italiana; passa di bocca in bocca tra quanti ogni giorno vanno allo sbaraglio senza tutele nelle aule giudiziarie. I Magistrati Onorari hanno smesso di fare come i senatori di Cicerone che col silenzio urlavano la loro protesta. Le iniziative sbocciano spontanee a Milano come a Messina; un po’ ovunque ci si confronta, ci si organizza. L’astensione proclamata per il 19-22 gennaio prossimi è solo il sigillo finale ad uno spontaneo sentimento di ribellione nei confronti di un giudizio (il Suo) tanto male espresso e peggio meditato.
Se verrà formalizzata, Sig. Ministro, sarà forse la crisi di Governo, a porre fine alla Sua esperienza al Ministero. Eppure nell’ipotesi che pure è stata ventilata del rimpasto (ipotesi da Lei, e non a caso, pubblicamente criticata) non ha avvertito alle sue spalle il fantasma ingombrante di Orlando che il PD ha a mezza voce indicato come suo papabile sostituto? Non si è accorto che oltre alle forze di opposizione Lega e Fratelli d’Italia in testa, lei non gode più da tempo della fiducia di Italia Viva (per ora ancora alleato di Governo)? Non ha udito l’assordante silenzio di Luigi di Maio, di cui Lei è pure un fedelissimo, che si è guardato bene dall’intervenire per difenderLa dalla fucilazione mediatica seguita alle sue parole? Che il clima sia cambiato è dimostrato infatti anche dalla veemente reazione della stampa alle sue parole: bordate di critiche impietose Le sono piombate addosso da giornali espressione dell’intero arco politico, persino dalle testate vicine al movimento 5 Stelle, il Suo partito. E il contrasto tra questo fuoco di fila e il silenzio che solo fino a pochi mesi fa circondava il triste destino dei Magistrati Onorari la dice lunga su da che parte tiri oggi il vento.
Come Catilina di fronte al Senato, Ministro Bonafede, Lei è oggi solo. L’unico a non averlo capito pare Lei, asserragliato nel suo Ministero attorniato dal Suo manipolo di fedelissimi (“Educ tecum etiam omnes tuos; purga urbem…”). Capisco che non è facile retrocedere dalla sua situazione attuale a quella di comune avvocato. Certo anche l’aspetto economico conta: al primo anno di legislatura, nel 2013, Lei, Signor Ministro, dichiarava un imponibile di poco più di 26.000 euro, il frutto della sua attività di avvocato. Nel 2016 Signor Ministro Lei ha dichiarato un reddito imponibile paria 132.000 euro (e spicci). Nella dichiarazione dei redditi 2019 che si riferisce al 2018 come periodo di imposta, Lei Signor Ministro ha dichiarato un reddito complessivo pari a 162.820 euro, cifra questa leggermente inferiore alla dichiarazione del 2018, quindi riferibile al 2017, quando ancora non era ministro ma solo deputato, quando il Suo reddito ammontava a 169.047 euro.
Signor Ministro, prenda atto del Suo fallimento, rassegni le dimissioni e semplicemente se ne vada (“Egredere aliquando ex Urbe, Catilina: patent portae; proficiscere”). Duemila anni fa Catilina capì il messaggio e si ritirò in Toscana ad affrontare il suo destino. Faccia la stessa cosa, se ne torni a Firenze da dove è venuto.
Dunque Ministro Bonafede: Quo usque tandem abutere, Bonafede, patientia nostra?